Il Borgo di Gorla non aveva una Parrocchia, ma poteva contare su molti presidi religiosi fra cui il Monastero di S. Caterina delle Orfane o della Stella e il Convento dei Padri Minimi di S. Francesco di Paola. I terreni del Convento di Via Bertelli figuravano nel Catasto del Lombardo Veneto (1721) e nel Catastino del 1776, insieme ad una ghiacciaia e a un giardino conventuale. Tutta la proprietà verrà poi nel 1785 ceduta a Lonati, già livellario. La parola deriva dal latino “libellus” (libretto); il livello veniva stipulato tra il proprietario (spesso un nobile, un monastero, una chiesa) e il livellario. Il Lonati aveva pattuito un accordo agrario che gli garantiva l’uso del terreno per pascolo e legnatico sul terreno delle Stelline in cambio di altri possedimenti. Nel fazzoletto di terreno al di là del ponte convivevano: la Casa dei Padri Minimi di S. Francesco di Paola di Milano (con giardino e aratorio vitato), una Casa da massaro con aratorio vitato e moroni di proprietà di Rossi Rodolfo Remigio, un sito di Giazzera (ghiacciaia), una Casa d’uso osteria con orto, una Casa d’affitto con orto di proprietà del Monastero di S. Caterina delle Orfane di Milano (o delle Stelline), una Casa da massaro con orto ed aratorio vitato di proprietà del Seminario Maggiore di Milano. La casa d’affitto del Convento di S.Caterina delle Orfane di Milano si trovava al di là del ponte vecchio.
Correva l’anno 1630 quando le autorità ecclesiastiche, preoccupate per la sicurezza dei fedeli costretti ad attraversare il Naviglio Martesana “non essendoci ponte fermo et comodo” per recarsi alla Parrocchiale di Turro si occuparono dell’Oratorio di San Bartolomeo per supplire alla mancanza di una Chiesa Parrocchiale. Fu Bartolomeo Banfi a chiedere di poter erigere un oratorio più prossimo alle esigenze dei fedeli. Il progetto, approvato da Federico Borromeo con atto notarile 26 marzo 1630, ottenne il benestare per la benedizione il 23 agosto 1633. Responsabile del progetto era Giovanni Battista Guidabombarda, ingegnere milanese del Collegio degli Ingegneri (1645), attivo in quegli anni in numerosi cantieri di edifici religiosi. L’oratorio condivideva con una cascina i muri perimetrali esterni; parte della cascina venne poi demolita per raddoppiare lo spazio a disposizione della chiesa.
In questa parte di territorio insisteva un altro Oratorio, l’Oratorio della Beata Vergine Assunta; l’oratorio si trovava all’interno della proprietà conventuale dei Reverendi Padri di S. Francesco di Paola di Milano e corrispondeva molto probabilmente all’area occupata attualmente dalla Casa dei Ciliegi (Via Bertelli). “Vi è un altro Oratorio presso il Naviglio Martesana di diritto dei Reverendi Padri di S. Francesco di Paola di Milano. Questo Oratorio era in origine lungo braccia 10 largo altrettanto e alto 12 braccia. Ha una semplice fronte bianca ove è aperta una porta quadrata che dà nella pubblica via, sopra la quale vi è una finestra. L’Oratorio non può essere aggirato poiché vi hanno costruito l’ospizio di detti padri che li abitano.” L’esistenza dell’oratorio dedicato alla Beata Vergine e chiuso all’esterno alle pratiche di culto, veniva affermata da un documento datato 6 luglio 1766. Il Chronicon della Chiesa di Gorla non è molto più esplicito nell’individuazione delle pertinenze e dei relativi diritti d’uso. “A Gorla I frazione di questa Parrocchia esiste fin dal 1850 una piccola Cappella in cui si sono sempre celebrate dal Parroco sottoscritto (Don Davide Sesia) diverse funzioni sacre, e perciò in forza di un convenzione avvenuta li 9 dicembre dell’anno 1850 (Parroco Don Gaspare Fossati) dall’allora proprietario Sig. Giuseppe Brusati (del fu Giacomo Maria)”.
La Comunità di Gorla, che aveva assunto nel frattempo la denominazione e la qualifica di “Comune a sé”, voleva fortemente un proprio spazio religioso ove svolgervi le funzioni religiose. Il 12 settembre 1895 il Parroco di Turro (Don Davide Sesia) scriveva a Sua Eminenza: “Lo sviluppo che da quell’epoca in poi prese la fraz. di Gorla 1 che fu anche Comune a sé, è tale che quel piccolo locale non può più affatto soddisfare al bisogno. Lo prova il fatto che nel 1850 quel Comune raggiungeva a stento i 250 abitanti, oggi invece oltrepassa i 1000, oltreché è in continuo aumento, e costituiti anche di molti esercenti, ai quali torna di non poco disturbo fino alla Chiesa Parrocchiale per le loro pratiche religiose, onde finiscono spesso col rinunciarvi”. In una lettera del 16 dicembre 1895 la Sig.ra Angelique Vidone Ved. Depeyrè la Sig.ra Vidone offriva alla Fabbriceria di Turro “la somma di £. 2000 e perché sia lasciato libero quel locale e perché sia aiutata la costruzione in Gorla di un altro Oratorio più ampio e più adatto ai bisogni della cresciuta popolazione”. A ciò andava aggiunta l’intenzione della Signora D. Fanny Finzi, Vedova dell’Avvocato Commendatore Salvatore Ottolenghi, di cedere mq. 330 del terreno di sua proprietà per la costruzione del nuovo oratorio. Venivano all’uopo allegati i disegni che l’Ingegnere E. Strada aveva presentato alla Prefettura e all’Economato Regio “con voto favorevole”. “Il sottoscritto considera questo nuovo Oratorio come una vera benedizione del Cielo, non solo per le diverse funzioni che ivi si potrà celebrare ma principalmente perché molti di quei terrieri potranno assistere ed ascoltare le sante istruzioni”. Con “Istrumeno “2 Agosto 1895” veniva donata un’area imprecisata dalla Sig. Donna Fanny Finzi alla Fabbriceria di Turro per la quale i legali rappresentanti erano il Sac. Don Davide Sesia, Parroco di Turro Milanese con Gorla Primo e De Gasperi Luigi con Giovanni Aliprandi fabbriceri. (2 agosto 1895: “Copia autentica di Donazione d’area dell’Istrumento 2 agosto 1895 fatta dalla Sig.Donna Fanny Finzi(del fu Cav. Prospero ved. dell’Avv. Commend. Salvatore Ottolenghi, Senatore del Regno e domiciliata a Milano in Via Borgonuovo n. 20, alla Fabbriceria della Chiesa Parr. di Gorla Primo con Turro Milanese”. Nella donazione si specificava il terreno “posto nel territorio del Comune di Gorla Primo” confinante “a levante e tramontana colla restante proprietà della Donante D, Fanny Finzi ved. Ottolenghi, a mezzodì con la strada comunale, a ponente con la strada consorziale detta del sentiero di mezzo”. Fu così che, individuato il terreno e pattuito un prezzo tra il capomastro Sig. Giuseppe Gavazzi Carlo e Giuseppe fratelli Gavazzi, costruttori edili della Fabbriceria di Turro e il Parroco di Turro (Don Davide Sesia), il 16 settembre 1895 fu steso un progetto per la costruzione della nuova chiesa su disegno del Sig. Ing. Arch. Strada Enrico di Milano “da completarsi entro due anni, liquidazione e collaudo inclusi.”
La pratica venne perfezionata il 5 aprile 1896 con la concessione dell’autorizzazione ad accettare la donazione del terreno poi regolarmente avvenuta in data 25 aprile 1896. Più oltre, il 30 aprile 1896, in una lettera indirizzata alla Fabbriceria di Turro, venne riportato il Reale Decreto del 5 Aprile 1896 con il quale si autorizzava la costruzione del nuovo oratorio. Nella lettera firmata dal R. Subeconomo Ing. Enrico Rosa e indirizzata alla Fabbriceria di Turro si faceva inoltre esplicita menzione alla rinuncia di somme in denaro da parte della Sig. Vidone-Peyrè nonché degli oggetti annessi all’oratorio. “Il prezzo convenuto e definitivo è dei £. 5000, poi diventate £ 5140, di cui £ 2000 (in seguito a cui si sono aggiunte £ 310) per opere addizionali. Per un totale pagato in data 11 marzo 1901 di: £ 5450; Roma addì 5 aprile 1896”. Si autorizzò nel contempo la Fabbriceria ad erogare le prime £ 2000 per la costruzione dell’oratorio. “Atto 5 gennaio 1896, “Risoluzione di concessione stipulata fra i Sig. Molto Rev. Sacerdote Don Davide Sesia, Parroco di Turro Milanese, De Gasperi Luigi ed Aliprandi Battista Fabbriceri di Turro stesso e la Sig. Angelica Vidone Ved. Depeyre”. L’atto venne stipulato il giorno 5 (domenica) in Gorla nella Casa segnata a civico 23 e 24”. La veneranda Fabbriceria di Turro, nell’accettare la proposta di cessione dell’oratorio, aveva l’obiettivo di soddisfare le aspirazioni della maggioranza dei Terrazzani di Gorla che lo frequentavano “in tutte le occasioni in cui si apre per le funzioni religiose”.
Nel 1900, benché non consacrata, la chiesetta venne visitata dal Cardinale A. C. Ferrari durante la I visita nella Pieve di Bruzzano. Non doveva essere particolarmente ricca in arredi religiosi tanto che in un documento del maggio 1897 si sosteneva che, a seguito di un sopralluogo, non c’erano né statue né dipinti. Più oltre, con documento del 15 dicembre 1898, la Curia Arcivescovile concesse al Parroco di Turro la facoltà di celebrare le funzioni religiose due volte al mese durante il periodo delle feste. “Attese le condizioni speciali in cui trovasi la parrocchia di Turro si concede al Parroco la facoltà di binare due volte al mese nelle feste per tutto l’anno 1898”. Prerogativa che il Parroco volle estendere a tutto il 1900 “in due Domeniche di ogni mese a favore della popolazione di Gorla I, fraz, di questa Parrocchia”. La chiesetta, sconsacrata, ospita attualmente la Biblioteca di Gorla.
La Chiesetta di Bartolomeo era però un po’ troppo piccola per le esigenze dei parrocchiani e la Parrocchia di Turro, che pure era nel bel mezzo di numerose altre circoscrizioni parrocchiali, non poteva bastare ai “Terrazzani” di Gorla. Parrocchia di S.Maria Assunta in Turro, 1886. “La parrocchia, la quale conta circa 2600 anime, e comprende tutto il Comune di Gorla, 1300 anime circa per il Comune di Milano, e un piccolo lembo del Comune di Lambrate . Non sono molte le frazioni: Turro però è situato precisamente nel centro di esse, dimodoché non riesce troppo difficile il servizio religioso”. Nella lettera che il 20 gennaio 1900 il Parroco di Turro (Don Davide Sesia) inviava a Sua Eminenza per rinnovare la facoltà di binare la Messa si leggeva che erano in corso trattative fra i Frati Minori e la Curia Arcivescovile nella persona del Cardinale Ferrari per la designazione di un area sulla quale edificare una nuova chiesa o convento.
E’ del 27 marzo 1919 una lettera inviata dal Vicario per conto di S. Eminenza il Vescovo in cui s’incaricava Don Paolo Locatelli, Parroco di Gorla, a recarsi a Gorla Primo per prendersi cura delle necessità spirituali dei fedeli e, nello stesso tempo, prendere visione del territorio da tramutarsi in nuova circoscrizione parrocchiale. Lettera del Vicario Generale, Curia Arcivescovile di Milano, Milano 5 aprile 1919 inviata al Parroco di Turro per conto di S. Eminenza: “Al M. Rev. Prevosto Parroco di Turro Milanese. Come la S.V. non ignora, è intendimento di S. Em. Il Sig. Card. Arcivescovo di provvedere alle reclamate necessità spirituali dei fedeli mediante l’aggregazione alla chiesa, per quanto assai piccola, di S. Bartolomeo, ora sussidiaria di codesta parrocchiale, nel luogo di Gorla Primo, di un determinato territorio, da tramutarsi a suo tempo in nuova circoscrizione parrocchiale, e per intanto da omettersi alla sua immediata giurisdizione, nella consueta forma di delegazione Arcivescovile”.
Gorla, la Chiesetta di San Bartolomeo fu decorata dal pittore Emilio Griffino in occasione della Festa del Sacro Cuore di Gesù (18 luglio 1920). In quel giorno, alla presenza dei terziari francescani, delle Figlie di Maria, dei figlioli dell’oratorio maschile e femminile e dei soci della Lega di Perseveranza, venne inaugurato il paramento rosso eseguito dal Signor Savelli Saturnino. Il 28 agosto 1920 un pio offerente donò una nuova Via Crucis. Il lavoro fu eseguito dalla Ditta Cardini.; alla sera i fuochi d’artificio conclusero l’epica giornata di festa.
Al suo ritorno in Curia, dopo la sua visita a Gorla in occasione delle S. Quarantore e la celebrazione della S. Messa della Comunione Generale (8 gennaio 1922), l’Arcivescovo di Milano, impressionato dal numero di fedeli che in quella mattina si erano comunicati e anche dalle attuali condizioni del Delegato Arcivescovile privo di una propria casa parrocchiale, mostrò il desiderio di riparlare con alcuni signori di Gorla per sistemare la posizione del Delegato Arcivescovile. Furono ricevuti il 10 gennaio in Episcopio e con loro trattò di dare buona uscita in denari al Sig. Carlo Farina, residente nella villetta sita in Via Aristotele 2 perché la lasciasse abitare al Delegato Arcivescovile. Le pratiche furono interrotte perché 15 giorni dopo l’Arcivescovo si recò a Roma in Conclave per la morte di Benedetto XV per uscirne il 6 febbraio di quello stesso anno Papa Pio XI.
Fu allora che il delegato Arcivescovile Don Paolo Locatelli si decise a partire per Roma onde trattare direttamente col Pontefice la questione della casa. Partì la sera del 20 febbraio e il 24 ebbe udienza presso il Sommo Pontefice dal quale fu accolto cordialmente e rassicurato sul suo appoggio con una offerta di £ 12.000 perché si iniziasse la costruzione della nuova casa parrocchiale.
Nell’aprile di quell’anno l’Ingegnere Fausto Strada, pregato da Monsignor Rossi Giovanni allora Vicario Generale, stese il progetto che affidato poi per l’esecuzione ai Fratelli Seregni di Greco Milanese. I lavori furono fatti in economia con l’assistenza dell’Ingegnere Strada e del Geometra Colombo. I lavori di scavo iniziarono il 1 maggio 1922 coadiuvati da ben 40 uomini e giovani delle associazioni gorlesi. La casa venne ultimata in ottobre e inaugurata il 29 nel cortile dell’oratorio. Si fece anche una pesca di beneficenza che fruttò £ 2.500. Per coprire le spese della casa, circa £ 140.000, si distribuirono delle azioni al 5% di interesse annuo, rimborsabili al termine del 1932.
La Parrocchia ebbe così la sua casa parrocchiale e le associazioni cattoliche una sala per i ritrovi sociali e le conferenze religiose. A lavori ultimati si iniziarono pure quelli di costruzione del muro di cinta del terreno di proprietà del Rev. Don Paolo Locatelli e della Sorella Maria, acquistato dall’Opera Pia Finzi dell’Istituo dei Rachitici. Si costruì pure un portichetto per il ricovero delle ragazze, l’oratorio femminile (1923) e un locale ad uso cancelleria. Al momento dell’annessione al territorio milanese nel 1923 della località di Gorla Primo, sede di Comune Autonomo, il territorio della Parrocchia, che già apparteneva alla Pieve di Bruzzano (Vicariato foraneo di Sesto San Giovanni), venne aggregato nel 1928 alla prima circoscrizione territoriale cittadina di Porta Orientale con Porta Tosa e Monforte. Come giurisdizione ecclesiastica continuò ad appartenere alla Parrocchia di S. Maria Assunta in Turro alla quale toccava di provvedere all’assistenza religiosa della popolazione di Gorla.
Il 29 novembre 1925 Mons. Giovanni Rossi poneva la prima pietra del nuovo tempio. “Tale territorio sarà quello, per cui la S.V. ha convenuto stamane in questa Curia, in confronto col Rev.mo Mons. Avvocato Generale incaricato della pratica e cioè, in confronto con Turro, con separazione a mezzo di linea, la quale, da est a ovest, è rappresentata dalla via della Torre in tangenza coi confini del comune di Gorla Primo, dal traverso di viale Monza, del cosiddetto Fontanone; in ogni altra parte dai confini comunali di Gorla Primo e, come meglio potrà essere precisato in ispeciale tipo planimetrico da unirsi alla pratica”. I lavori, iniziati nel gennaio del 1927 in una fredda notte di Natale, aprirono la strada della Prepositurale che verrà elevata a Parrocchia dal Cardinale Eugenio Tosi in occasione delle SS. Quarantore (gennaio, 1928).
La realizzazione della chiesa sembrò svanire quando una grave malattia colpì Don Paolo Locatelli. Solo a guarigione avvenuta Don Locatelli riprese con vigore il disegno dell’edificazione della nuova chiesa che volle dedicare a Santa Teresa cui si era rivolto per ottenere la grazia della guarigione.
Nel settembre del 1933 la casa si avvalse di altri due locali al piano rialzato e di altri quattro al primo piano. I lavori furono affidati alla Ditta Bolgiani sotto la direzione dell’Ingegnere Edoardo Bovone, Fabbriciere della Chiesa. Successivamente lo sviluppo demografico rese necessario l’aiuto di un coadiutore e così nel 1938, dopo aver demolito il vecchio salone, si costruì la casa per il coadiutore, per il sagrestano e anche le sale di ritrovo per i parrocchiani. Prima dell’inizio della guerra (1938-1940) l’aumento della popolazione, cresciuta di oltre 2000 unità, rese necessaria l’annessione dei residenti del complesso abitativo della “Fondazione Crespi-Morbio”.
L’ulteriore sviluppo demografico, assestatosi attorno alle 15-20.000 seguito alla costruzione della metropolitana milanese (linea rossa per Sesto San Giovanni- Marelli), comprese anche la Comunità Monastica delle Figlie di Santa Chiara insediatasi in un edificio religioso di Piazza del Piccoli Martiri di Gorla. Il numero dei residenti appartenenti alla giurisdizione ecclesiastica della Parrocchia di Gorla decrebbe, però, a 10.000 dopo la fondazione della nuova Parrocchia di San Domenico Savio nel 1965.
Alla Chiesetta di via Aristotele e alla Parrocchia di Santa Teresa del Bambin Gesù s’affiancò ben presto il Monastero delle Clarisse della Regola di Santa Chiara. A volerla, al posto della Villa Duprais e della Villa Angelica, fu l’Ordine Francescano e, in particolar modo, il Cardinale Ildefonso Schuster come atto d’isolamento nella preghiera “con modestia e senza ostentazione, ma in fraternità di spirito con gli uomini”. E così “Le dame di Madonna Povertà trovano in Milano la loro primitiva sede in Villa di via Buonarroti; poi... si spostano e, un giorno, lasciano la città per Sirone (Como): ma la Provvidenza di Dio vigilante e i Padri Francescani di S. Angelo chiamano il loro caro e fraterno architetto Giovanni Muzio idea di molte chiese e conventi dell'Ordine, e gli affidano il progetto del Monastero delle Clarisse. All'architetto si affianca il francescano P. Enrico Zucca con il compito di risolvere il lato economico; ha inizio fra l'architetto e il Padre francescano uno sposalizio di idee, di arte, di difficoltà...” La chiesa, aperta al pubblico nel 1958, fu affiancata nel 2003 dalla Residenza per anziani “San Francesco” su progetto dell’architetto Garbagnati di Milano e commissione dell’associazione del Terzo Ordine Francescano.
Giovanni Muzio (Milano, 1893) entra per concorso al Collegio Ghislieri di Pavia dove segue il biennio della Facoltà di Ingegneria. Laureatosi a Milano nel 1915, conosce i maggiori centri di elaborazione culturale delle metropoli europee. Da questa esperienza ricava un "geloso desiderio di autonomia e di ricerca nelle radici piú profonde della nostra tradizione italiana". Di ritorno a Milano, alterna il lavoro professionale all’impegno culturale. Muore a Milano il 21 Maggio 1982.
In origine il disegno prospettico raffigurava il primo studio dell'architetto che tendeva a salvare e valorizzare la vecchia villa preesistente. All'inizio dei lavori del corpo di levante durante gli scavi di fondazione, le strutture portanti della villa si rivelarono inconsistenti per vetustà e per le scosse subite negli ultimi eventi bellici. Si giunse così alla demolizione della villa.
La struttura accoglie oggi una trentina di Suore Clarisse di una piccola comunità di clausura. Il complesso è articolato in tre corpi distribuiti in modo tale da valorizzare l'intimità dell’ambiente, limitare il giardino (l’unico spazio aperto riservato alle suore), facilitare l'accessibilità alla cappella dall'esterno.
La cappella (aperta al pubblico) e il coro trasversale alla chiesa separano la parte pubblica da quella conventuale rivelata all’esterno solo dalle finestre delle stanze delle suore. Internamente la cappella è ravvivata da fonti di luce ed è arricchita da nicchie con sculture lignee poste ai lati del coro. Il tetto è sostenuto da arconi ogivali come nelle migliori tradizioni quattrocentesche. La parte absidale appare dalla navata come una zona luminosa; e perché le suore potessero assistere alle cerimonie dai due piani del convento la copertura fu alzata rispetto al tetto della chiesa. La luce piove così dall'alto e dall’ingresso caratterizzando fortemente l'ambiente dell'altare che appare come uno spazio luminoso circoscritto dall'arco trionfale. Il cotto che riveste i brevi corpi del convento accentua il tono discorsivo dell’architettura che la libera da soggezioni stilistiche accomunando il passato con il presente urbanizzato. Due ampie sacrestie, uno studio, l’abitazione del sacerdote, accompagnano il complesso conventuale che si avvale, nel seminterrato di due laboratori interni e, al piano terreno, del refettorio con cucina, dispensa, lavanderia, parlatoio; ai piani superiori sono collocate altre sale per i laboratori, le celle, l'infermeria. E poiché il chiostro non soltanto appartiene alla tradizione conventuale, ma risponde ad un modo presente di soggiornare all'aperto, un padiglione poligonale avvolge nel giardino una grande magnolia: un anello di cemento armato risolve in termini odierni l'antico portico. All'esterno il complesso degli edifici si presenta come a difesa di un mondo intimo e raccolto (il perimetro dei fabbricati ricorda appena le mura di una cittadella). All'interno l'architettura si apre quasi con timore su di un orto-giardino, chiaro invito alla meditazione, offrendosi al sole di sud-est verso il verde più folto e più profondo. Il fronte della Cappella è all'interno di questo spazio e lo spigolo di sud-est, attorno al quale è avvolta la scaletta che conduce all'organo, segna il limite mistico fra l’orizzonte e le silenziose abitatrici.
Hanno collaborato alla decorazione della Cappella il pittore Baruzzi (Madonna di Gorla sull'altare dei S. Innocenti. Ultima Cena), il pittore Longaretti (Mosaico di Santa Chiara), lo scultore Asco ( S.Francesco e S. Bernardino, sculture in legno, poste nelle grandi nicchie laterali), lo scultore Baragli (Sacro Cuore in marmo), lo scultore Paganini (S. Giuseppe - S. Antonio - S. Agnese - S. Elisabetta, sculture in legno).
Il forte flusso immigratorio che caratterizzò gli anni ’50 e che permeò di sé il periodo della ricostruzione e della ripresa economica spinse le autorità ecclesiastiche a varare misure che saldassero i vecchi parrocchiani alle altre comunità, spaesate ed eterogenee, appena formatesi nel quartiere. La Parrocchia di Gorla non bastava più ai terrazzani di Gorla: occorreva un nuovo piano che coprisse i vuoti urbanistici lasciati in dote al vecchio borgo dall’eredità del boom urbanistico. Fu così che l’Arcivescovo di Milano, Giovanni Battista Montini (futuro Papa Paolo VI) varò il cosiddetto “Piano Montini” che si premurava di costruire 22 nuove chiese nella Diocesi di Milano in ricordo dei 22 Concili Ecumenici della storia della Chiesa cristiana. Fu preso in esame il territorio delle Parrocchie di San Giuseppe dei Morenti, Santa Maria Rossa in Crescenzago e Santa Teresa del Bambin Gesù e si decise di raccoglierne lo smembramento nella nuova Parrocchia di San Basilio (via Magistretti 1). Il decreto del 1 gennaio 1962 sancì di fatto la nascita della nuova Parrocchia di San Basilio anche se la chiesa non verrà inaugurata che nell’agosto 1968. Il 24 dicembre il primo Parroco Don Attilio Melli celebrò la Messa della notte di Natale nella Cappella di via Liscate, chiesa di riferimento in attesa che iniziasse la costruzione della nuova chiesa parrocchiale.
La prima pietra del tempio fu posta nel luglio 1963; i lavori seguirono nell’agosto dello stesso anno. Il complesso religioso comprendeva un oratorio, l’abitazione per il Rev. Assistente, una cappella, un bar, una segreteria, sei aule, due capannoni per il gioco al coperto e circa mq. tremila per il gioco all’aperto. L’Oratorio venne inaugurato nel 1967 in via Caroli 12 con il nome di “Centro educativo sociale”. Si arrivò così alla prima messa, nell’agosto 1968, anche se in una chiesa non ancora completata e, il 26 settembre 1968, all’inaugurazione officiata dal Cardinale Colombo. Nel 1969 si aggiunse la Scuola Materna Parrocchiale affidata alle Rev. Suore del Preziosissimo Sangue di Monza. Nel decimo anniversario dell’inaugurazione della chiesa, sua Eminenza il Card. Giovanni Colombo la consacrò solennemente. Ma il cammino della Comunità pastorale con Santa Teresa del Bambin Gesù era ancora lungo; iniziato nel mese di settembre del 2005 si perfezionò nel settembre dell’anno 2007 con il nuovo Parroco Don Mario Maggioni coadiuvato da Don Fabio Fossati.
Nel “Piano Montini” la Curia Arcivescovile, sollecitata dai disagi provocati alle strutture territoriali civili ed ecclesiali dal massiccio flusso immigratorio, inserì anche la costruzione della nuova Parrocchia di San Domenico Savio (via Rovigno 11); la Parrocchia sarebbe dovuta sorgere dall’unione di porzioni di territorio lasciate dalle Parrocchie di San Martino in Greco, S. Teresa del Bambin Gesù in Gorla e di S. Maria Assunta in Turro. Per iniziare l’attività pastorale fu inviato nell’ottobre del 1964 il Sacerdote Don Enrico Carpani, primo Parroco della Parrocchia di San Domenico Savio. La cerimonia non ebbe molto seguito giacché i parrocchiani erano ancora legati alle vecchie parrocchie. Le stesse cerimonie religiose venivano officiate nella palestra poiché l’edificio era ancora in fase di costruzione. Don Enrico si prodigò molto in quest’opera facendosi apprezzare per la sua forte testimonianza di fede e carità.
Fra gli abitanti numerose erano le famiglie giovani e con figli: occorreva pertanto uno spazio dove praticare le attività formative, associative e ricreative non avendo i ragazzi altri spazi nel quartier dove radunarsi e giocare. Furono messi a disposizione un cortile e un cortiletto attualmente adibiti a magazzino. All’inizio l’oratorio veniva aperto solo alla domenica pomeriggio e solo in seguito anche nei pomeriggi dei giorni feriali. Gli successe Don Enrico Cantù che guidò la Parrocchia per i 9 anni successivi fino al settembre 1974. Furono anni molto duri ma densi di attività e di realizzazioni curate dal Parroco coadiuvato da altri sacerdoti. La comunità crebbe di numero e con il numero la partecipazione sempre più convinta attorno al proprio edificio che venne aperto al culto nel 1966, consacrato ufficialmente il 25 aprile 1967 da Sua Eminenza il Cardinale Giovanni Colombo. I ricordi, i fatti e le testimonianze sono ancora vivi nel ricordo delle persone che qui furono battezzate, si sposarono ed ebbero la Prima Comunione.
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- A. Calderini “Milano Archeologica”, in Storia di Milano Vol. I, Le origini e l’età romana. Milano, 1953.
- Museo patrio di archeologia di Milano (1862 - 1903). 1881 n. 114.
-Giorgio Giulini nel libro “Memorie spettanti alla storia e al governo e alla descrizione della città e campagna di Milano ne' secoli bassi, Milano, 1760.
- Dagli “Statuti delle Strade e delle Acque del Contado di Milano” redatti nel 1346.
-Città con suoj Borghi e Corpi Santi di Milano. 1781. Costituzione della Comunità dei Corpi Santi. Archivio di Stato di Milano.
- Gorla. Pieve di Bruzzano. Piazza Commune. 1721. Mappe piane. Mappe di Carlo VI , 28 fogli, 1721. Archivio di Stato di Milano.
- Storia della Società de’ Corpi Santi colla comune di Milano e suo scioglimento, Archivio di Stato di Milano.
- “Proposta di una nuova pianta del personale da parte del l’I.R. delegazione provinciale”, Archivio di Stato di Milano.
- Cesare Cantù, Grande Illustrazione del Lombardo Veneto. Milano, 1857.
- “Memorie stese dal parroco locale e pubblicate nella faustissima benedizione e inaugurazione della nuova chiesa parrocchiale”. Milano, Sac. Davide Sesia. Tipografia della Casa Editrice “Osservatore Cattolico”, Milano, 1886.
“Paese Parrocchia e chiesa di Turro Milanese, Pieve di Bruzzano, Memorie stese dal Parroco Locale e pubblicate nella Faustissima Benedizione e Inaugurazione della Nuova Chiesa Parrocchiale”, Milano, Tipografia della casa editrice “Osservatore Cattolico”, 1886.
- La vita della Chiesa nelle trascrizioni del “Liber Cronicus”. Volume n. 1, 1919-1943; volume n. 2, 1944-1965.
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