“La gradita posizione di questo villaggio, sul grandioso vialone che conduce alla villa di Monza, lo rende frequentatissimo dai milanesi, che la domenica vi passano il pomeriggio in liete mense e piacevoli sollazzi.” Gorla era un borgo di “riviera” situato a cavallo della linea, segnata dal naviglio, che divideva idealmente la campagna dalla città. Era inevitabile che qui convenissero i cittadini richiamati dal refrigerio alla calura nei mesi estivi, desiderosi di allegre scampagnate e di “gite fuori porta”. Si andava lungo il naviglio per godere dei piaceri che poteva offrire una buona tavola e del fresco che le rive “arborate” procuravano agli assolati visitatori. Le carrozze percorrevano i lunghi viali cittadini fino all’incontro con il naviglio.
All'ombra dei boschetti della Cassina de’ Pom nella bruma mattutina si consumavano gli ultimi duelli milanesi: fasti o nefasti dell'omonimo “Bois de Boulogne” parigino ma, soprattutto, si veniva alla Cassina de' Pom per brindare alla faccia del progresso prodigandosi in memorabili brindisi e abbondanti colazioni: poeti, intellettuali (Carlo Porta, H. B. Stendhal, Cesare Beccaria...), patrioti, borghesi illuminati, statisti (Napoleone, Garibaldi) lasciarono su queste sponde tracce del loro passaggio.
Non era molto lontano il tempo in cui, alla Cassina de’ Pom si fremeva di piacere al passaggio della locomotiva “Italia” della linea ferrata Milano-Monza (1840) nella sua corsa sbuffante verso la stazione di Monza. Il medico-poeta Dottor Rajberti vi vedeva l'avverarsi di un sogno altamente umanitario che poneva fine alle guerre e accomunava i popoli uniti affratellati dal nuovo mezzo di trasporto. La fede nel progresso seguiva l'andamento incerto e zoppicante delle due locomotive “Lombardia” e “Milano” che incorrevano abbastanza spesso in incidenti ed avarie; le quattro corse giornaliere discendenti ed ascendenti procedevano a velocità molto limitata compiendo il tragitto di chilometri 13 in 19 minuti.
Il Ristorante Isolabella, situato lungo il viale bastionato Monte Grappa, era un ristoro con corte interna e camere al piano superiore (all’occorrenza); condivideva con il naviglio il fresco delle sponde, ma anche le nebbie di una campagna non più campagna e non ancora periferia.
Gorla non era da meno in fatto di osterie e trattorie; si andava all'osteria per un calice di vino e qualche chiacchiera. Rinomate erano la trattoria "Lazzaroni" di via Dolomiti, la "Segale" di via Pontevecchio, la "Rotonda" di via Finzi, la trattoria di via Monte Gabriele, la "Zanfrini" di via Tofane dove, all’ombra di salici piangenti, si gustava la tanto declamata specialità "nervo di ginocchio di manzo” finemente tagliato, condito con cipolle crude, olio e sale, soprannominato il "caviale di Milano"; e poi il Circolo Famigliare di viale Monza 140 (voluto dai partigiani nel 1945). Al posto delle trattorie vi sono ora pizzerie e ristoranti e dell’antico retaggio è rimasto davvero ben poco. Laddove era una trattoria, un’osteria, sono ora uffici ed edifici ermeticamente chiusi all’esterno. Anche le vecchie cascine raggruppate attorno alla piazza comunale (ora Piccoli Martiri) sono state abbattute negli anni tra il 1950 ed il 1960.
“E' tanta fina l'aria che si respira, tanto buono il vino, saporito il mangiare e tanto onesti i prezzi di consumazione e la gente ci mette tanto ardore a manducare che fino i morti risuscitano dallo spavento”. Un altro angolo di mondo ben noto ai milanesi era il Ristorante del Boschetto, condotto da Ambrogio Riboni; qui convenivano le allegre brigate in odore di evasione dalla città, accomunate dalla passione per il ballo. Il Boschetto era una sala da ballo di tutto rispetto con una propria orchestrina formata da veri professionisti. Spesso i residenti sostavano con i gomiti appoggiati sul parapetto del naviglio ad ascoltare le note musicali dell’orchestrina lungo l’alzaia.
Appena al di là di viale Monza, sempre sul naviglio, si mangiava e si ballava anche al ristorante "Bologna" e alla Sezione del partito fascista Piave in via Finzi. Nel 1879 l’opificio preesistente venne smantellato e convertito in casa civile con giardino; nel 1892 fu venduto e adibito a caserma dei R.R. Carabinieri; l’altra parte rimase come giardino. Qui nel 1913 il Brambilla acquistò un terreno limitrofo e vi costruì un edificio che adibì a casa con botteghe e ristorante “Ristorante Bologna”; il ristorante rimase in attività fino al 1927 mentre la caserma andò totalmente distrutta nell’incursione aerea del 20.10.44.
A Crescenzago i milanesi potevano contare sulla “Riviera” di via Amalfi, costellata di piccoli e grandi ville che i “facoltosi” milanesi erigevano per ritagliarsi un angolo di mondo non discosto dalla città. Ma si veniva in questi luoghi anche per oziare sul limitare di quella che era definita la Selva di Sesto San Giovanni nell’area del vecchio Lazzaretto (via San Mamete).
In fondo all'alzaia lungo la Via Veneta vi era poi l’Osteria delle Tre Case che i barcaioli del Naviglio Martesana conoscevano molto bene. Le trattorie e le osterie funzionavano a pieno ritmo con avventori che si accalcavano per un bicchiere di vino o per una chiacchiera con i compagni di strada e di mestiere.
Prima di essere un quartiere periferico di Milano, Gorla era un piccolo borgo rurale. I terreni di coltivo erano frammezzati a qualche sporadico laboratorio di mestiere che attingeva l’acqua dal naviglio e dalle sue rogge. Ma perché le tasse non gravassero su un terreno lasciato improduttivo occorreva che i proprietari s’industriassero personalmente curando i propri affari direttamente sul luogo, abitandovi. Questa tendenza generale fu sollecitata dall’applicazione nel Regno Lombardo -Veneto di Carlo VI e Maria Teresa d’Austria delle tasse sui terreni accatastati. Si preferì abitare nella fascia extraurbana in modo da garantire la propria presenza all’interno della città senza subirne, però, le pesanti limitazioni e costi fiscali. I terreni ideali per questo tipo d’insediamento erano proprio le fasce immediatamente a ridosso della cintura extraurbana, quelle stesse che erano servite da strade carrozzabili e, soprattutto, dai navigli. Il viaggio sui navigli, pur se più lento, era, in compenso, più sicuro e regolare. Il borgo di Gorla rientrava in questa fascia.
Fu così che a partire dal XIX secolo incominciarono ad insediarsi le “Case da nobili” con annessi parchi, giardini, orti, campi da coltivo, campi da moroni (gelsi) terreni avitati. Fu un insediamento gentile che non stravolse il borgo, ma lo avvolse con i suoi giardini e le sue pertinenze. I proprietari si susseguivano l’uno dopo l’altro o per cessioni e vendite o per diritto ereditario; i notai annotavano diligentemente sui loro taccuini i numeri dei mappali. Molte volte le questioni si complicavano perché una proprietà, una volta divisa, non riusciva più a compattarsi e così più proprietari si trovavano a possedere stralci di terreno divisi, in modo illogico; la qualcosa risultava ancora più problematica se il campo in oggetto limitava l’accesso ad una sorgente d’acqua risorgiva o al naviglio stesso.
Ciò che proiettò, invece, su Gorla una luce e un nome particolare fu il richiamo delle sue sponde “arborate”, delle sue ville, del refrigerio che le procuravano i boschetti, dei “piacevoli sollazzi “ che combinavano i piaceri della tavola con lo scorcio pittoresco di luoghi come quelli del “Cantun Frecc”, dei “Boschetti”; per tutto questo Gorla incominciò ad essere apostrofata come la “Piccola Parigi”, un Bois de Boulogne in miniatura. La qualcosa aveva un certo riscontro anche a corte se addirittura “L’Arciduca Ferdinando d’Austria vi veniva spesso da Milano con allegre brigate e vi si tratteneva qualche giorno, tal volta anche vi passava qualche notte, con gran suo piacere.” Il luogo prescelto era Villa Felber, in sponda destra del Martesana. La località, che ora viene comunemente chiamata anche il “Cantun Frecc” prendeva il nome dalla Villa Boschetto che copriva lo stesso spazio occupato attualmente dal nuovo edificio ristrutturato di via Prospero Finzi 25.
La Villa Resta confinava con la Villa Batthjianji-Finzi ed era di proprietà del Marchese Olevano Patrizio Pavese che poi la cedette in dote a sua figlia per il matrimonio con il Conte Resta. “Una terza bellissima villa era in quello che si chiama ora Boschetto, che però si estendeva, sempre rasente il Naviglio, anche dove c’è ora la strada Regia e il caffè della Rotonda e tutto l’Albergo degli Angeli con annessi e connessi, sicché andava a confinare colla cinta della suddetta villa Batthjianji".
Il Governo Austriaco intendeva espropriare e demolire la Villa Resta per aprirvi, in sua vece, la Strada Regia per Monza. “II Conte Resta se la teneva cara e se la godeva assai volentieri questa villa; per cui si unì con entusiasmo a tutti quei signori che si opposero al progetto che concepì allora il Governo Austriaco di praticare una strada Regia che da Porta Orientale conducesse alla villa sovrana di Monza. Quando però vide che vana riusciva ogni opposizione, e che il Governo teneva fermo nel suo proposito dell'espropriazione forzosa, risolvette di fare una protesta energica: aspettò che gli operai governativi giungessero sulla sua proprietà, e quivi si trovò lui, la moglie, i servi, i suoi contadini, e lottò perché la sua villa fosse rispettata. Invano però, e allora indispettito vendette e se ne andò. Allora la parte che rimase orientale alla nuova strada fu comperata dal signor Ferrario prestinaio delle Gruccie il quale però se la tenne poco tempo, e la rivendette poi al signor De Felice. E la parte che rimase occidentale subì in pochi anni diversi trapassi”.
Nel 1855 i cambiamenti riguardavano la costruzione sul lato di levante di una piccola casa in fuga all'attuale viale Monza (sicuramente in seguito demolita per far posto ai palazzi che oggi si trovano in quella zona) e, sempre a levante, di un portico in tre campi le cui arcate furono inglobate in un corpo di fabbrica a due piani fuori terra.
Una delle case padronali più vecchie, al centro del piccolo borgo di Gorla, era quella del Signor Felber. Nel 1721 il proprietario, Sig. Felber Carlo indicato come “dottor fiscale” (funzionario per le tasse) aveva, come si usava allora, vaste proprietà di terra adiacenti alla casa padronale per un totale di 143 pertiche di terra fertile da arare con filari di uva e 23 gelsi; le sue proprietà erano racchiuse nello spazio attualmente compreso tra il parco del monastero (con vialetto di entrata su Via per Turro e Via Ponte Vecchio) e diversi altri giardini che fronteggiavano la piazza e la Via per Crescenzago (via Asiago); nell’angolo a sud-est della proprietà vi era una grande ortaglia di circa mq. 2600 che s’affacciava direttamente sul naviglio.
Dal 1806 tutti questi beni e terreni passarono di proprietà al Conte Gaetano Pertusati, indicato come “Livellario” (affittuario) per la parte di Gorla. Dal 1760 vi abitava Morosini Filippo e poi un certo Mantelli che la cedette a Pertusati Carlo nel 1776; la villa aveva anche una porzione di morone (terreno con gelsi). Nel 1821 Salimbeni Giuseppe subentrò come livellario divenendone proprietario nel 1822. Il Pertusati vi rimase fino al 1841 quando la cedette a Praga che ne fece una tintoria per filati. L’abitazione aveva allora 26 vani e una torretta al secondo piano.
“Anche dove sorge ora la tintoria del signor Cavaliere Weiss esisteva sul terminare del secolo scorso, un’altra villetta già proprietà dei Conti Pertusati di Milano. Come pure trovo che tenevano una villa a Gorla i Marchesi Groppallo di Genova, la qual villa credo fosse stata nella casa ora Mazzoletti presso il Ponte Nuovo”. L’erede, il nipote Marchese Gropallo, vendette in blocco i possedimenti a sud del naviglio tra il fontanile Acqualunga e la strada per Turro escluse le case e gli orti sulla alzaia, per un prezzo di lire austriache 45.000. Nel 1855 la Villa Gropallo era una casa colonica con conceria e fabbrica di combustibile mentre la parte restante della casa era rimasta come casa di villeggiatura in carico a Mendel. Nel 1859 Gropallo cedette tutta la proprietà e i terreni a sud del naviglio a Finzi Prospero ad esclusione della giazzera, del giardino e della casa in proprietà ai Padri Minimi.
Un certo Ramazzotti impiantò una cascina e un filatoio per seta di 16 vani più l’orto. La cascina, ultimata nel 1854, era situata in Piazza Comunale. Nell’ identificatorio dei fabbricati tra il 1885 e il 1879-1882 nella proprietà Ramazzotti figurava anche un filatoio di seta (costruito nel 1854) e una fabbrica di cioccolata con casa (Ex Cascina Quadri), in sponda nord del naviglio.
La torretta era decorata internamente con affreschi di figure di danzatrici e segnava il punto terminale di un grande parco che comprendeva, oltre alla villa, anche l'altro complesso del Monastero delle Clarisse (edificato su progetto di Giovanni Muzio nel 1955) nello spazio attualmente compreso tra il confine a monte del naviglio e del parco del Monastero (via Asiago, via Alghero). La proprietà comprendeva appezzamenti per un totale di 143 pertiche circa 94.000 metri quadri di terra fertile da arare con filari di uva e 23 gelsi.
“Un’altra villa, di però minori pretese, sorgeva nell’ora palazzo e giardino Cottini, di cui al principiare di questo era proprietario un tal Limito negoziante, che finì a morire fallito e credo anche impazzito. Poi passò nelle mani di un tal Mendel giojelliere, da cui poi rilevò l’attuale casa Cottini. Annesso a questa proprietà vi era un Oratorio in cui si celebrava la Messa prima che la Parrocchia acquistasse l’uso di quello di San Bartolomeo, e il sig. Mendel lo redense nel 1851 per mezzo della Curia Arcivescovile, pagando una somma alla Chiesa di Turro”. La Villa Cottini si trovava in Alzaia Gorla Superiore (oggi Via Bertelli 4/6) ed è quanto risulta dal catasto teresiano (1721); nel XVIII secolo era una dipendenza del Monastero dei Padri Minimi di S. Francesco da Paola che avevano anche una casa in alzaia (Via Dolomiti) oltre a dei terreni retrostanti sulla via per Turro. Nel 1869 il Cottini acquisì i terreni e il Monastero che i Padri Minimi avevano messo in vendita frazionandolo fra diversi proprietari dal 1785. La villa confinava con la casa convento e giardino dei Padri Minimi che risultavano proprietari sino 1786. Nel 1843 la proprietà passò al Mendel e nel 1865 a Mendel Edoardo; Cottini Lorenzo la rileverà nel 1871 insieme ai terreni della proprietà Finzi e del Monastero dei Padri Minimi per poi passarla, nel 1873, in eredità a Cottini Pietro, Angiola e Abigaille. Molto probabilmente si trattava della stessa casa del Monastero dei Padri Minimi abitata prima dai Lonati per 33 anni, dai Favelli per altri 5, dai Limito per 9 anni, dai Mendel per 26 anni e dai Cottini dal 1869. Sullo stipite del portone della Casa dei Ciliegi uno stemma con le iniziali “G. P.” riporta forse alle iniziali di Gropallo Pertusati anche se per la verità i Gropallo Pertusati non l’abitarono mai. È questa la ragione per cui la geografia demaniale dell’area risulta così complicata a fronte delle numerose eredità, donazioni e nuove acquisizioni avvenute almeno fino a tutto il 1882.
Inizialmente nell’area insistevano due ville: la Villa Dupré e la Villa Angelica; l’area occupata dalle ville, circa 166 pertiche, spaziava dalla Piazza Comunale (Ponte Vecchio) al confine con Crescenzago e comprendeva oltre alle due ville, cascine, giardini, orti, lo stesso Oratorio di S. Bartolomeo a quel tempo officiato dal Parroco di Turro e come tale usato fino al 1897. La piccola chiesa-oratorio era affacciata sulla piazza e confinava con la vicina “casa di affitto” per nobili, probabilmente appena dentro la recinzione attuale del giardino pubblico. La proprietà cambiò poi a più riprese: nel 1780 Arrigone A.; nel 1792 Gessati M. A. ; nel 1815 Bordoni G.; nel 1817 Brusati G.; nel 1880 Berini C.; nel 1882 Tirelli L. e I..
“Fin verso la metà di questo secolo Gorla fu luogo quasi esclusivamente di villeggiature dei signori. La prima, ora proprietà Du Prais, posta nella parte orientale del paese e proprio a ridosso del Naviglio della Martesana, era villa principesca con giardino, vigna, darsena, oratorio, rustici, ecc., ricca quindi e amena”. La Villa Du Prais era molto probabilmente la riedificazione di una costruzione precedente che il Marchese Castiglioni aveva in questa porzione di terreno e che si era premurato di servire con un attracco personale delle barche. “Nella prima metà del 1600 - quando i facoltosi sfuggivano al pestifero contagio della città - il marchese Castiglioni, membro del Senato milanese, sotto la dominazione iberica, creava questo luogo di delizie che lungo i successivi secoli- come lo attesta quel tempietto che in compiuto ancor sorge sulla riva del naviglio come riservato luogo di rendez-vous e di buvette - veniva perfezionato ed adornato di statue in pietra arenaria, di fontane, di vivai di pesci”. Successe poi verso la fine del ‘700 che “col trapasso di proprietà del nobile Felber della Scala” vi fu l’ampliamento del parco “che ebbe ancora nuovo incremento colla cessione poi avvenuta all’Arciduca Ferdinando di Austria nella seconda metà del secolo stesso. Il giardino da pochi anni fu dimezzato e ridotto ad ortaglia. Sul margine della Martesana una serie di colonne, e un leone marmoreo che guarnivano la caratteristica darsena, scalo delle barche padronali, denotano ancora la principesca ultima Ausburgica dimora”.
Nel 1884 la Villa Duprais (Dupré) era situata più a nord del complesso della Villa Angelica. La villa aveva certamente un alto prestigio se è vero che nel 1886 il Parroco di Turro Davide Sesia scrisse che la villa a Gorla, sul lato destro del naviglio, era frequentata dallo stesso Arciduca Ferdinando d’Austria. “La prima, ora proprietà Du Prais, posta nella parte orientale del paese e proprio a ridosso del Naviglio della Martesana, era villa principesca con giardino, vigna, darsena, oratorio , rustici, ecc, ricca quindi e amena, ma di uno stile piuttosto grave; non so se sia stata costruita o acquistata e migliorata dall’arciduca Ferdinando D’Austria, il quale vi veniva spesso da Milano con allegre brigate e vi si tratteneva qualche giorno, tal volta vi passava qualche notte, con gran piacere. Morto l‘Arciduca, la villa passò in mano di un Principe Polacco addetto alla Polizia austriaca, uomo a quanto pare discretamente originale che abitava anche lui in città e veniva di quando in quando a passar qualche giorno di svago. Dopo il detto Principe ebbe quella villa diversi trapassi; gli ultimi proprietari furono Brusati, Ramazzotti, Tirelli e ora Du Prais.”
La Villa Angelica, propriamente detta, fu costruita nel 1884 a fianco della Villa Duprais; la villa, intestata a Vidonne Angelica maritata Duprais (Dupré) che acquistò il terreno dove poi sarà edificata la villa, divenne subito il punto focale dell’area al centro del nucleo storico di Gorla tra il naviglio, il ponte vecchio, la strada per Crescenzago e gli orti e giardini delle case e cascine verso est, con la caratteristica e inconfondibile torretta che dominava l’ingresso nel tratto propriamente urbano del naviglio. Per anni la torretta divenne il punto di riferimento per tutti gli abitanti di Gorla e un punto visibile di assoluto richiamo nei paesaggi rivieraschi di Gorla.
L’architettura esotica della villa con le sue ricercate decorazioni in pietra, tetto spiovente a pagoda, curiosi pinnacoli sul culmine del tetto e, soprattutto, con la sua torretta a loggia colonnata sormontata da un terrazzino in struttura metallica, ispirò per anni la fantasia dei Gorlesi. Si trattava certamente di una costruzione fantasiosa ispirata liberamente al gusto eclettico dell’epoca e dedicata alla moglie Angelica da parte del proprietario.
La villa, che affiancava in sponda destra il naviglio, aveva anche una piccola darsena con imbarcadero in muratura usato dai canottieri della Società Canottieri Martesana i quali disponevano abitualmente di uno scivolo nei pressi dei muri di recinzione della villa. Tutto il complesso era inserito in un grande parco contrassegnato da punti di riconoscimento inequivocabili come la curiosa torretta-gazebo con cuspide che s’affacciava anch’essa sul naviglio. La torretta principale della villa, ultimo residuo del fabbricato, venne abbattuta nel 1968; rimane pur tuttavia un residuo di fabbricato nella torretta-gazebo del parco della Villa Dupré in sponda destra del naviglio.
Nel 1757 il Comune di Gorla (Decreto del 7.02.1757) si staccò dal Comune di Turro cui era aggregato. La Piazza si chiamava allora “Piazza Commune”. L’edificio attuale compare nei mappali del Catasto Lombardo Veneto del 1897 nello stesso luogo dove insiste ancora oggi a lato del Ponte Vecchio. Il borgo era allora raccolto nel punto d'incontro dei due nuclei originari di Gorla disposti, il primo, sul lato orientale della dorsale Gorla-Crescenzago (viale Monza - via Asiago), il secondo sulla direttrice Gorla-Precotto-Turro (via Ponte Vecchio - via Aristotele). La via F.lli Pozzi, che affianca oggi il vecchio municipio, non era stata ancora tracciata. Non si sa quando l’edificio fosse costruito, si sa solo che nel 1882 ospitò, a seguito della revisione catastale da parte della Giunta di Gorla, il palazzo municipale e come tale rimase fino al 14 Dicembre 1923 allorquando il Sindaco L. Mangiagalli di Milano lo inglobò insieme agli altri Comuni dei Corpi Santi nel Comune di Milano. Dopo di allora fu usato come albergo: “Albergo Vecchio”.
Nel 1937 l’edificio comunale fu acquistato dal Dott. Arturo Monti, ma alcuni locali del vecchio municipio furono utilizzati ancora come sede distaccata degli Uffici Annonari. Dal 1992 la casa fu restaurata da Marco Arosio che l’abita tuttora: uno “spazio meraviglioso, di grande effetto”, così la definisce e ritrattista dell’epoca, Attilio Andreoli, ma agli occhi di suo padre questo non bastava e allora cricordandosi della nonna: “faceva la pittrice; negli anni '20 andava a bottega da un noto pittoromprò questa villa isolata nella campagna tra Milano e Sesto San Giovanni per consentirle di dipingere en plein air”. “Quando sono venuto ad abitarci - continua Marco Arosio - il quartiere era completamente cambiato, ma il naviglio e le sue vecchie ville erano rimasti intatti, preservando la loro atmosfera un po’ decadente.” “La Martesana le scorre ancora accanto, con le sue acque ora così limpide. Sotto al ponticello ad arco, a fianco della villa, attraccavano un tempo le chiatte che trasportavano dalle campagne radici e piante utili alla lavorazioni di essenze e profumi, perché questo era il lavoro del suo primo proprietario. Eppure tutto intorno, oggi, scorre il traffico caotico delle arterie che portano al Nord: Sesto San Giovanni, Monza, la Brianza, la Svizzera”.
Accanto al vecchio municipio la Villa Singer di Cesare Singer era una palazzina di quattro piani e diciassette vani costruita nel 1906 nelle adiacenze del vecchio municipio in via Bezzecca 2/4 (oggi, via Pozzi 4).
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-Giorgio Giulini nel libro “Memorie spettanti alla storia e al governo e alla descrizione della città e campagna di Milano ne' secoli bassi, Milano, 1760.
-Città con suoj Borghi e Corpi Santi di Milano. 1781. Costituzione della Comunità dei Corpi Santi. Archivio di Stato di Milano.
- Gorla. Pieve di Bruzzano. Piazza Commune. 1721. Mappe piane. Mappe di Carlo VI , 28 fogli, 1721. Archivio di Stato di Milano.
- Storia della Società de’ Corpi Santi colla comune di Milano e suo scioglimento, Archivio di Stato di Milano.
- “Proposta di una nuova pianta del personale da parte del l’I.R. delegazione provinciale”, Archivio di Stato di Milano.
- Cesare Cantù, Grande Illustrazione del Lombardo Veneto. Milano, 1857.
- “Memorie stese dal parroco locale e pubblicate nella faustissima benedizione e inaugurazione della nuova chiesa parrocchiale”. Milano, Sac. Davide Sesia. Tipografia della Casa Editrice “Osservatore Cattolico”, Milano, 1886.
- Gian Pietro Lucini, da “l’Ora Topica” di Carlo Dossi, Cap. IV, Passeggiata sentimentale per la Milano di “l’altrieri”.
- Testimonianza di Gino & Michele, in “L’humus di Zelig e il Comico a Milano”.
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